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Omesso mantenimento: commette il reato chi non corrisponde il contributo anche se i figli non versano in stato di bisogno

2 Maggio 2021 Da Staff Lascia un commento

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L’omesso mantenimento da parte del padre obbligato è reato anche se i figli non versano in stato di bisogno perché a provvedere al loro sostentamento è la madre. Ribadisce il superiore principio di diritto la Corte di Cassazione con la sentenza n. 16783 del 2021.

Art. 570 c.p.

L’art. 570 c.p. afferma che “chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale, alla tutela legale o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da centotre euro a milletrentadue euro. Le dette pene si applicano congiuntamente a chi: 1) malversa o dilapida i beni del figlio minore o del coniuge; 2) fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore , ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa“.

Prova dell’impossibilità a contribuire al mantenimento della prole

Per essere assolti dal reato di “violazione degli obblighi di assistenza familiare” ex art. 570 c.p. chi è tenuto a corrispondere il contributo deve provare di trovarsi nell’impossibilità ad adempiere. La circostanza che a provvedere ai figli sia l’ex coniuge non incide in alcun modo sull’obbligo di mantenimento.

Il caso

Un uomo vedeva confermata in Appello la condanna per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare. Il predetto aveva omesso di versare alla ex compagna l’assegno di mantenimento ordinario e la quota delle spese straordinarie per i figli. Tuttavia, la corte di Appello adita, previo riconoscimento delle attenuanti generiche non concesse in primo grado, ne riduceva la pena. 

L’uomo ricorreva in Cassazione

L’uomo, ritenendo non legittima la decisione dei giudici di merito, ricorreva in Cassazione sollevando tre motivi:

1)con il primo contestava le questioni procedurali già sollevate in appello ma respinte;

2)con il secondo lamentava la ricostruzione dei fatti che hanno portato alla condanna contestando, in particolare, la sussistenza dello stato di bisogno dei figli e il mancato accertamento della sua capacità economica a fare fronte all’impegno;

3)con il terzo infine riteneva eccessiva la pena irrogata nei suoi confronti.

Chi è obbligato al mantenimento deve provare di trovarsi in difficoltà economica

Gli Ermellini non accolgono nessuno dei motivi sollevati dal ricorrente e rigettano il ricorso perché inammissibile.

Ed in particolare: Il primo motivo viene ritenuto manifestamente infondato perché si limita a riproporre gli stessi motivi d’impugnazione già sollevati in appello e sui quali la Corte di Appello si è già pronunciata. Il secondo è ritenuto inammissibile perché si limita a proporre una diversa valutazione delle prove. L’imputato interpretala norma in modo errato. Ed invero non deve essere provata  la disponibilità economica a provvedere, quando sussiste un obbligo nei confronti dei propri congiunti, ma, al contrario, per non incorrere nel reato è onere dell’obbligato dimostrare la propria impossibilità ad adempiere. Nel caso di specie nulla l’imputato ha provato in merito. Peraltro alcuna incidenza ha, circa la configurazione o meno del reato, la capacità economica di chi ha diritto al contributo.

Infine anche il terzo motivo viene rigettato perché non competono alla Cassazione le valutazioni di merito per la quantificazione della la pena.

Potrebbe anche interessarti: “Mantenimento figlio maggiorenne, quando cessa?”. Leggi qui.

 

 

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