Addebito: dallo scambio di messaggi in chat tra la moglie e l’amante del marito il Tribunale di Velletri deduceva l’esistenza di una relazione extraconiugale che aveva determinato la crisi coniugale. Il Tribunale pertanto riconosceva l’addebito della separazione in capo al marito traditore (Trib. Velletri, sent. n. 664/2020).
Il fatto
Una coppia di coniugi decideva di separarsi. La moglie chiedeva che la separazione fosse addebitata al marito: in particolare, la stessa sosteneva che l’uomo, in costanza di matrimonio, avesse intrapreso una relazione extraconiugale con un’altra donna.
Espletata la fase presidenziale, la causa proseguiva dinanzi al giudice istruttore. La donna chiedeva un congruo assegno di mantenimento per sé e la prole e chiedeva, altresì, che il Tribunale riconoscesse che il fallimento del matrimonio fosse attribuibile esclusivamente al marito.
Il marito, di contro, sosteneva che la fine del matrimonio non fosse da ricollegare alla relazione extraconiugale ma alla sopravvenuta incompatibilità caratteriale.
Tuttavia, la versione dell’uomo risultava smentita dai fatti. Ed invero la moglie provava in giudizio che la coppia nel 2012 aveva acquistato un immobile e, poco tempo dopo, decideva di aver un altro figlio. La moglie sottolineava, inoltre, la solidità del rapporto anche dal punto di vista lavorativo: i coniugi avevano costruito insieme un’impresa cresciuta a tal punto da consentire alla famiglia di vivere in condizioni più che agiate.
Secondo la donna il marito aveva intrapreso la relazione extraconiugale già nell’anno 2011. Nell’anno 2015, invece, la moglie attraverso lo scambio di messaggi con l’amante del marito scopriva che la relazione aveva assunto connotati di stabilità.
Nel corso del giudizio la stessa amante confermava tanto il tradimento quanto il contenuto dei messaggi scambiati con la moglie.
La decisione del Tribunale
Ai fini dell’addebito della separazione, va ricordato che la pronuncia presuppone l’accertamento da parte del giudice del comportamento oggettivamente trasgressivo ai doveri coniugali. Tuttavia occorre valutare che tale violazione abbia causato la crisi matrimoniale. Pertanto, deve sussistere il nesso di causalità tra i comportamenti addebitati e la sopravvenuta intollerabilità della convivenza (cfr. Cass. civ. n. 279/2000; n. 2307/2005; n. 1807/2014).
La pronuncia di addebito postula l’accertamento che il comportamento contrario ai doveri coniugali sia diretta dall’intollerabilità della prosecuzione della convivenza. Invece, detto principio non può operare nei casi in cui il rapporto sia già compromesso per altre cause: in questo caso la condotta contraria ai doveri coniugali è conseguenza e non causa della crisi coniugale già in atto.
Tornando al caso di specie, la crisi coniugale sarebbe stata determinata dalla scelta del ricorrente di abbandonare la casa coniugale (nel 2016) per iniziare una convivenza con l’amante, a soli sei mesi dalla nascita del terzo figlio. Una condotta di tal genere avrebbe, dunque, determinato in via irreversibile la rottura del rapporto di coniugio.
Dal punto di vista probatorio, l’anteriorità della relazione del marito con l’amante, rispetto alla crisi coniugale, era stata dimostrata dalla disposizione dell’attuale compagna, che confermava la riconducibilità dei messaggi a sé stessa. Questi dati dimostravano che il legame tra i due risaliva ad un tempo antecedente la nascita del terzo figlio.
Alla luce delle riportate risultanze, il Tribunale di Velletri accoglieva la domanda di addebito.
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