L’assegno divorzile, in forza della recente sentenza a Sezioni Unite 18287/2017, assolve a diverse funzioni. Quella assistenziale e quella compensativa e perequativa. E in base a queste funzioni deve essere calcolato. Ma se la ex non ha partecipato, durante il matrimonio, alla formazione della ricchezza familiare, l’assegno avrà funzione solamente assistenziale. Ed il suo ammontare dovrà corrispondere ad una somma “ridotta”, tale da assicurare all’ex un’esistenza dignitosa, e nulla di più.
Il fatto
Facciamo una premessa doverosa. La situazione economica della coppia in questione è in qualche modo “stra-ordinaria”.
Tizio e Caia durante il loro matrimonio hanno vissuto una vita agiata. E questo per merito delle risorse economiche dell’uomo e della sua famiglia d’origine. Caia, grazie a ciò, si è potuta dedicare al figlio e alla sua attività di antiquaria. E Tizio, durante il matrimonio, ha anche intestato alla moglie svariate proprietà immobiliari.
Il matrimonio, dopo circa 13 anni, però è naufragato. In sede di separazione il Tribunale di Torino prima, e la Corte d’Appello poi, hanno riconosciuto in favore della donna un assegno di mantenimento pari ad € 1.400.
Trascorso il tempo previsto dalla legge, l’uomo ha proposto ricorso per ottenere il divorzio, con richiesta di revoca dell’assegno divorzile in favore della moglie. Caia, di contro, ha insistito per vedersi riconosciuto l’assegno, nella misura ritenuta di giustizia.
Il Tribunale di Torino, in corso di causa, ha quindi provveduto ad una valutazione della situazione patrimoniale ed economica dei coniugi.
Al momento della separazione la donna aveva un patrimonio mobiliare ed immobiliare di circa 1 milione di euro, a fronte di quello del marito, pari a 7 milioni di euro. Caia poi percepiva ogni mese dal marito 1000 euro netti a titolo di mantenimento. Tizio invece aveva un introito mensile di circa 4.500 euro, frutto dei suoi investimenti mobiliari e immobiliari. L’uomo in effetti non svolgeva alcuna attività lavorativa.
Durante il giudizio Tizio non è riuscito a provare che la donna svolgeva in nero la sua attività di antiquaria, e che dunque avesse un introito. Ugualmente Caia non ha potuto provare che investimenti sbagliati avevano depauperato il suo patrimonio.
Il problema giuridico
Ci troviamo di fronte a due persone con altrettanti patrimoni sicuramente consistenti ma non paritetici. Aggiungiamoci poi che Caia, durante il matrimonio, non ha contribuito all’incremento del patrimonio familiare. Considerato tutto questo il problema è: spetta a Caia un assegno divorzile? E se si, che funzione deve avere questo assegno? Assistenziale e compensativa? O solo assistenziale?
La funzione assistenziale e quella compensativa
E’ appena il caso di ricordare che la funzione assistenziale dell’assegno è legata alla capacità di assicurare un grado di autonomia economica tale da garantire l’autosufficienza del coniuge richiedente. La funzione compensativa invece consiste nell’adeguare l’assegno divorzile anche al contributo che il coniuge richiedente ha apportato alla ricchezza familiare durante il matrimonio.
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La decisione del Tribunale di Torino
Il Tribunale ha riconosciuto, da un lato, la disparità patrimoniale dei due coniugi. Ma dall’altro lato ha anche appurato il contributo pressoché nullo da parte della moglie alla formazione del patrimonio familiare. Patrimonio familiare di cui si sarebbe comunque avvantaggiata per mezzo delle intestazione di beni immobili e mobili. Ciò dunque escluderebbe l’applicabilità del criterio compensativo e perequativo dell’assegno di divorzio.
Sulla base di tutte queste valutazioni il Tribunale ha stabilito che alla donna spettasse un assegno divorzile, che però assolvesse alla sola funzione assistenziale. E ha ritenuto di ridurne l’ammontare a 1200 euro. Somma sufficiente ad assicurare alla donna una vita dignitosa.
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