Secondo la Cassazione l’ex marito che interrompe la fornitura di luce e gas nella casa familiare assegnata a moglie e figli è penalmente responsabile. (Cassazione Penale, Sez. VI, n. 13407 del 27 marzo 2019)
La Corte d’Appello di Perugia ha confermato la sentenza del Tribunale di Terni che aveva condannato un uomo ai sensi dell’art. 393 c.p.
Questi, infatti, aveva interrotto la fornitura di luce e gas nella casa familiare, dove, a seguito di separazione, vivevano la moglie e i figli.
L’uomo aveva più volte chiesto alla ex di fare la voltura delle utenze, intestate ad una società di cui era amministratore. Di fronte all’inerzia della donna ha provveduto lui stesso al distacco delle forniture, lasciando così la ex e figli senza luce e gas.
L’art. 393 del codice penale punisce con la reclusione fino ad un anno chi, al fine di esercitare un preteso diritto, non ricorre al giudice, ma si fa ragione da sé utilizzando violenza o minaccia sulle persone.
L’uomo ha dunque deciso di ricorrere in Cassazione. Tra le altre cose sosteneva di aver agito nella convinzione di tutelare un suo diritto. Infatti non era tenuto al pagamento delle bollette. E la decisione di interrompere le forniture era necessaria per ovviare all’inerzia della ex.
Tuttavia la Cassazione ha precisato che la tutela del preteso diritto è nucleo essenziale del reato ex art, 393 c.p.. Di conseguenza, non può essere invocato come scriminante, cioè come giustificazione che esclude il reato. In questo caso poi, l’intervento del giudice avrebbe tutelato il preteso diritto senza necessità di “un’azione violenta” dell’uomo.
Per questo motivo (ed altri) la Cassazione non ha ammesso il ricorso dell’uomo e ha confermato la condanna.