“L’obbligo di mantenimento legale della prole cessa con la maggiore età del figlio in concomitanza all’acquisto della capacità di agire e della libertà di autodeterminazione; in seguito ad essa, l’obbligo sussiste laddove stabilito dal giudice, ed è onere del richiedente provare non solo la mancanza di
indipendenza economica – che è la precondizione del diritto preteso – ma di avere curato, con ogni possibile impegno, la propria preparazione professionale o tecnica e di avere, con pari impegno, operato nella ricerca di un lavoro” (Cass. civ., sez. I, 14 agosto 2020, n. 17183).
I fatti
Una donna ricorreva in Cassazione avverso la sentenza con cui la Corte d’Appello di Firenze, in riforma della decisione del Tribunale di Grosseto, revocava l’assegno di mantenimento per il figlio. Quest’ultimo, trentenne,
insegnante precario, secondo la donna aveva redditi modesti. Peraltro, veniva altresì revocata l’assegnazione della casa familiare, poiché il figlio si era trasferito in un’altra provincia per insegnare e la coabitazione si era diradata.
I Giudici di Appello ritenevano che l’obbligo di mantenimento del figlio viene meno al raggiungimento della capacità di sostentarsi. Ciò è da ritenersi presunto
oltre i trenta anni, età in cui una persona normale si presume sia autosufficiente anche sotto il profilo economico, salvo comprovati deficit.
Di conseguenza, secondo la sentenza impugnata, il figlio maggiorenne che da tempo ha terminato gli studi e lavora come insegnante precario deve trovare il modo di mantenersi.
La donna ricorreva in Cassazione
La donna ricorrendo in Cassazione lamentava la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c., per avere la sentenza impugnata erroneamente affermato che il figlio avesse conseguito redditi significativi, sebbene modesti. Sottolineava, inoltre, la ricorrente che il figlio, quale insegnante non abilitato e supplente occasionale, per ottenere la cattedra di ruolo, avrebbe dovuto frequentare un tirocinio formativo a pagamento.
Infine, la donna lamentava la violazione e falsa applicazione degli artt. 147, 148, 315-bis, 337-sexies e 337- septies c.c., per non aver considerato la Corte di Appello la condizione di precarietà lavorativa del figlio. Secondo
la ricorrente, il marito non aveva provato il raggiungimento di una effettiva e stabile indipendenza economica del figlio.
La questione
L’ordinanza in esame affronta la questione dei confini tra il diritto al mantenimento della prole maggiorenne e lo speculare obbligo a carico del genitore. Ciò alla luce del principio di autoresponsabilità.
Sottolineano gli Ermellini che ogni caso deve essere attentamente valutato. Precisano i giudici di legittimità che tale valutazione deve essere ancorata al percorso scolastico e alla situazione del mercato del lavoro nel settore prescelto. Deve essere condotta con rigore proporzionalmente crescente, in
rapporto all’età dei beneficiari, in modo da escludere che tale obbligo si protragga oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura.
Gli Ermellini sottolineano che integra un dovere del figlio la ricerca
dell’autosufficienza economica. Pertanto, in attesa di realizzare le sue aspirazioni il figlio ha il dovere di impegnarsi nella ricerca di un lavoro, affinché possa sostentarsi.
Età del figlio
La Corte di Cassazione individua inoltre l’età al raggiungimento della quale cessa l’obbligo di contribuzione dei genitori nei confronti dei figli maggiorenni, precisando che tale obbligo si estingue con l’acquisto della
capacità di agire e della libertà di autodeterminazione, le quali, così come la capacità lavorativa, si conseguono al raggiungimento della maggiore età, salva la prova a carico del richiedente delle condizioni che giustificano, al contrario, il permanere di tale obbligo.
Decisione della Corte di Cassazione
Sulla base delle superiori considerazioni, la Corte di Cassazione, ritenendo che il giudice d’appello non abbia violato i principi da essa dettati, rigettava il ricorso della donna dichiarando l’infondatezza dei motivi proposti.
Osservazioni
Tema molto attuale è quello affrontato dall’ordinanza in commento, con cui la Suprema Corte torna ad occuparsi dei presupposti e dei limiti del diritto al mantenimento dei figli maggiorenni. Rispetto i precedenti indirizzi giurisprudenziali gli Ermellini giungono a conclusioni nuove; lasciando emergere un innovativo modo di intendere il rapporto tra genitori e figli in termini di diritti e di obblighi. In particolare, in aderenza con il mutamento dei tempi, è il richiamo del figlio al dovere di autoresponsabilità.
Onere della prova
L’aspetto più innovativo della pronuncia in commento riguarda l’onere probatorio. Nello specifico secondo i giudici di legittimità con il raggiungimento della maggiore età, si verifica una presunzione di idoneità al reddito e, dunque, di autonomia. Tale presunzione può essere vinta dal figlio maggiorenne non autosufficiente dimostrando la sussistenza delle circostanze che giustificano, al contrario, il permanere del diritto al mantenimento.
L’ordinanza in esame sposta, dunque, l’onere della prova sul richiedente.
L’onere della prova a carico del figlio viene graduato in relazione all’età: invero, secondo l’ordinanza in commento, la prova sarà tanto più lieve quanto più prossima sia l’età del richiedente a quella di un recente maggiorenne; più gravosa all’aumentare dell’età, sino a configurare il “figlio adulto”, in ragione del principio di autoresponsabilità, con riguardo alle scelte di vita fino a quel momento operate ed all’impegno profuso, nella ricerca, prima, di una sufficiente qualificazione professionale e, poi, di una collocazione lavorativa.
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