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Femminicidio : il male “travestito” d’amore

5 Marzo 2014 Da Studio Legale Arcoleo Lascia un commento

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In data 11 ottobre del 2013, il decreto legge n. 93/2013, cosi detto sul “Femminicidio”, è stato convertito nella Legge n. 119/2013 garantendo così una maggiore protezione alle donne vittime di violenza.
 
La normativa in questione si è resa necessaria soprattutto in seguito ai ripetuti fenomeni di violenza domestica e non solo commessi nel nostro Paese nei confronti delle donne, di coniugi, conviventi e nell’ambito di relazioni di carattere affettivo.
 
Gli obiettivi di base consistono nella prevenzione della “violenza di genere” e nella protezione delle vittime attraverso la previsione di pene più severe per i soggetti responsabili.
 
Si tratta di norme di fondamentale importanza che consentono all’Autorità Giudiziaria di adottare rilevanti misure contro forme disparate di violenza, a tutela delle vittime di tali reati.
 
Il termine “femminicidio” indica, infatti, non solo l’uccisione di una donna ma anche qualsiasi forma di violenza commessa contro le donne, in quanto genere femminile, al fine di annientarne la soggettività, l’integrità psico-fisica e la dignità sul piano psicologico, simbolico, economico e sociale. Esso include il reato di atti persecutori c.d. “stalking”, di maltrattamenti, di mutilazione di genitali femminili e quello di omicidio commessi contro le donne da soggetti, di sesso maschile, che sono generalmente legati alle vittime da legami affettivi. 
 
I reati in questione si consumano, pertanto, non solo nell’ambito di un rapporto di coniugio ma anche di convivenza e a prescindere dalla sussistenza di un rapporto di coppia.
 
Una rilevante novità introdotta dalla Legge n. 119/2013 è stata la possibilità per le vittime dei delitti di atti persecutori c.d. stalking, maltrattamenti in famiglia e mutilazioni di genitali femminili di essere ammesse al patrocinio a spese dello Stato, a prescindere dai limiti reddituali.
 
Ciò significa che qualunque donna vittima di violenza di genere può beneficiare, senza sostenere alcun costo, della difesa processuale che sarà interamente sostenuta dallo Stato. 
 
Un’ulteriore modifica si riscontra nella disciplina dell’arresto obbligatorio in flagranza, ai sensi dell’art. 380 c.p.p. 
 
Il legislatore ha adesso previsto l’obbligatorietà dell’arresto di chi è colto nell’atto di commettere un reato di maltrattamento familiare e stalking e ha introdotto la possibilità di disporre l’allontanamento d’urgenza dall’abitazione familiare del coniuge o convivente violento attraverso l’introduzione del nuovo art. 384 bis c.p.p.
 
Gli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria possono, infatti, previa autorizzazione del Pubblico Ministero, disporre l’allontanamento da tale abitazione con il divieto di avvicinarsi ai luoghi frequentati dalla persona offesa, nei confronti di chi è colto in flagranza dei delitti di cui all’art. 282 bis c.p.p. ossia violazione degli obblighi di assistenza familiare, abuso dei mezzi di correzione e disciplina, delitti di prostituzione e pornografia in danno di minore.
 
In tal caso, il Pubblico Ministero può disporre la citazione nei confronti della persona allontanata d’urgenza dalla casa familiare per il giudizio direttissimo e per la contestuale convalida dell’arresto entro le successive quarantotto ore, salvo che ciò pregiudichi gravemente le indagini.
 
Altra novità è costituita dalla previsione secondo la quale i destinatari del provvedimento potranno essere controllati anche attraverso il braccialetto elettronico ai sensi dell’art. 275 bis c.p.p.
 
La legge 119/2013 ha modificato l’impianto normativo preesistente, ampliando le circostanze aggravanti ai sensi dell’art 61 c.p. e ha inasprito le pene per i reati di “stalking” e di maltrattamenti in famiglia.
 
In seguito all’intervento legislativo, è stata introdotta una nuova circostanza aggravante che prevede un aumento di pena nei casi in cui, nei delitti dolosi contro la vita e l’incolumità della persona, contro la libertà personale e nel delitto di maltrattamenti in famiglia, il fatto sia stato commesso “in presenza o in danno di un minore di anni diciotto ovvero di persona in stato di gravidanza” (art. 61 c.p.).
 
Occorre altresì considerare le modifiche intervenute sulla disciplina dei reati di maltrattamenti in famiglia e di “stalking”.
 
La rubrica del delitto di maltrattamenti in famiglia è stata modificata dalla recente Convenzione di Lanzarote del Consiglio d’Europa, per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, ratificata dall’Italia con la Legge n. 172/2012.
 
Oggi, l’articolo in questione, rubricato “Maltrattamenti in famiglia contro familiari e conviventi” e non più “Maltrattamenti in famiglia e verso fanciulli” include gli atti di violenza commessi nell’ambito di rapporti di convivenza.
 
La Legge 119/2013 ha, in seguito, innalzato i limiti edittali delle pene previste rispetto alla precedente normativa. In particolare, la pena massima della reclusione prevista è stata oggi innalzata fino a sei anni. 
 

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