Dopo lunghi anni anche l’ordinamento italiano, a decorrere dal 5 giugno scorso, in linea con l’orientamento delle legislazioni europee, ha introdotto la regolamentazione giuridica delle unioni civili (anche fra persone dello stesso sesso) e delle convivenze di fatto.
La legge Cirinnà, n. 76 del 20.05.16, con un unico articolo, suddiviso in due parti (commi da 1 a 35 – e da 36 a 65), si occupa prima fra tutto, delle unioni civili fra omosessuali, e, diversamente dalle legislazioni di quasi tutti i Paesi europei, non prevede direttamente la possibilità del matrimonio fra persone dello stesso sesso, e ciò allo scopo di evitare rilevi di incostituzionalità, sottolineando quali doveri (fra cui non si rinviene inspiegabilmente il dovere di fedeltà) e diritti sorgono fra i partners che si uniscono civilmente, escludendosi espressamente l’applicazione a dette unioni, alla normativa sulle adozioni dei minori.
Allo stato pertanto pare impraticabile secondo la legge in esame, l’adozione del figlio minore del partner ammessa oggi tuttavia dalla giurisprudenza dei Tribunale per i Minorenni attraverso l’applicazione dell’art. 44 lettera d) della Legge n. 184/83 (c.d. stedchild adoption).
Sono invece garantiti espressamente i diritti successori e la percezione della pensione di reversibilità.
Cessata la convivenza, i partners, dopo solo tre mesi avere manifestato la volontà di sciogliere il vincolo, davanti all’Ufficiale dello Stato civile, possono accedere al divorzio immediato, o giudizialmente o attraverso lo strumento della negoziazione assistita.
La seconda parte della legge si occupa delle convivenze di fatto, ovvero delle unioni fra persone maggiorenni legate affettivamente e da reciproca assistenza materiale e morale, persone non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da unione civile. Ai conviventi, pertanto, di cui uno almeno separato, non saranno applicate le disposizioni in esame.
La legge riconosce a detti soggetti diritti di natura personale (commi da 37 a 49) e introduce un dovere giuridico di natura alimentare al momento della cessazione della vita comune (comma 65). Lasciando liberta alla volontà ed alla autonomia contrattuale fra le parti, la legge disciplina altresì diritti di natura patrimoniale (commi 50-65).
I conviventi hanno piena autonomia di regolamentazione dei propri aspetti di vita personale, e all’uopo la legge distingue i “contratti di convivenza”, che hanno efficacia nei confronti dei terzi, che devono avere forma scritta a pena di nullità, e sono redatti con atto pubblico o scrittura privata, anche da un avvocato, e i “contratti fra conviventi” che hanno efficacia fra le parti contraenti.
Grazie alla nuova normativa pertanto, il nostro ordinamento prevede oggi tre diverse forme familiari:
- il matrimonio (negozio giuridico fra soggetti eterosessuali);
- l’unione civile ( fra soggetti omosessuali ed attraverso dichiarazione all’ufficiale dello stato civile);
- la convivenza di fatto (fra soggetti omosessuali o eterosessuali uniti di fatto).
Aperte rimangano tuttavia ancora alcune questioni che sono già state oggetto di giurisprudenza di merito e di legittimità, fra le quali le conseguenze di dette unioni sugli aspetti patrimoniali ed economici dei rapporti personali, come il dovere di indennizzo o alimenti, al momento della cessazione della unione, che va certamente a doversi ancorare al concetto di stabilità del legame.
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