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assunzione droghe

Violenza sessuale: niente aggravante per assunzione volontaria di alcol

6 Agosto 2018 Da Studio Legale Arcoleo Lascia un commento

In caso di violenza sessuale di gruppo non è aggravante il fatto che la vittima fosse ubriaca per volontaria assunzione di sostanze alcoliche. L’aggravante esiste solo nel caso siano gli stupratori a obbligare la vittima ad assumere alcool o droghe. Tuttavia lo stato di ubriachezza è comunque rilevante ai fini dell’inferiorità psichica o fisica e dunque della capacità di questa ad acconsentire al rapporto sessuale (Cass., sez. III, 19 gennaio-11 luglio 2018, n.32462).

Con la recentissima sentenza in commento, depositata giorno 11 luglio 2018, la III sezione penale della Corte di Cassazione si è pronunciata sui delitti contro la libertà sessuale giungendo ad una decisione fortemente innovativa.

La Suprema Corte ha espresso il principio di diritto secondo cui l’aggravante che prevede l’aumento della pena se i fatti sono commessi “con l’uso di armi o sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti o di altre sostanze gravemente lesive della salute della persona offesa” (art. 609 ter c.1 n.2) non si configura se lo stato di ubriachezza è causato volontariamente dalla vittima stessa.

La presente pronuncia ha creato scalpore e critiche, in particolar modo da movimenti femministi che hanno mal interpretato la decisione dei giudici.  Gran parte della responsabilità è da attribuire ai mezzi di informazione di larga diffusione che hanno dato la notizia, articolando il contenuto in termini non esattamente giuridici. La mancata lettura del testo integrale della sentenza ha comportato il fraintendimento del principio espresso dalla Cassazione.

Per ben comprendere l’iter logico-giuridico seguito dai giudici della Corte, occorre fare un accenno al fatto.

Nel 2011, in primo grado, il Tribunale di Brescia aveva assolto due uomini accusati di violenza sessuale di gruppo in quanto la vittima non sarebbe stata ritenuta attendibile.

Solo nel 2017 la Corte d’Appello di Torino aveva considerato in modo diverso il fatto, valutando diversamente il referto emesso dal p.s. dopo l’avvenuta violenza. I giudici di secondo grado avevano condannato i due imputati a tre anni di reclusione per il reato di violenza sessuale di gruppo, con l’aggravante dell’aver commesso il fatto nei confronti di un soggetto in palese stato di ubriachezza. 

Nei confronti della predetta sentenza la difesa aveva presentato ricorso per Cassazione sostenendo che non vi fosse stata violenza né riduzione  ad uno stato di inferiorità: in particolare, la difesa aveva sottolineato come la sostanza alcolica, affinché potesse configurarsi l’aggravante, avrebbe dovuto essere somministrata dall’agente; invece, nel caso di specie, la vittima aveva assunto le bevande alcoliche volontariamente durante la cena, prima che la violenza venisse perpetrata.

Con la pronuncia in esame la Cassazione ha confermato la responsabilità degli imputati per il reato di violenza sessuale di gruppo, approfittando dello stato di alterazione psichica della vittima. Tuttavia, la sentenza di secondo grado è stata cassata con riguardo all’applicazione dell’aggravante perché, come si evince dalla lettura dell’art. 609 ter, affinché possa configurarsi l’aggravante è necessario che sia il soggetto attivo del reato ad aver somministrato, mediante atteggiamento violento o minaccioso, la sostanza alcolica al fine di perpetrare la violenza. 

Dagli atti invece traspare che la vittima avesse volontariamente assunto alcol. Secondo consolidata giurisprudenza di legittimità la Cassazione ha ribadito che:

“In tema di violenza sessuale di gruppo, rientrano tra le condizioni di inferiorità psichica o fisica previste dall’art 609 bis c.p. comma 2 n. 1, anche quelle conseguenti alla volontaria assunzione di alcolici o di stupefacenti, in quanto anche in tali casi la situazione di menomazione della vittima, a prescindere da chi l’abbia provocata, può essere strumentalizzata per il soddisfacimento degli impulsi sessuali dell’agente”.

Dunque l’assunzione volontaria di alcool incide senza dubbio sulla capacità della vittima di prestare il proprio consenso al rapporto sessuale.

Ciò premesso, i giudici della III Sezione hanno espresso il principio di diritto per cui

“Integra reato di violenza sessuale di gruppo (art. 609 octies c.p.), con abuso delle condizioni di inferiorità psichica o fisica, la condotta di coloro che inducano la persona offesa a subire atti sessuali in uno stato di infermità psichica determinato dall’assunzione di bevande alcoliche, essendo l’aggressione all’altrui sfera sessuale connotata da modalità insidiose e subdole, anche se la parte offesa ha volontariamente assunto alcool e droghe, rilevando solo la sua condizione di inferiorità psichica o fisica seguente all’assunzione  delle dette sostanze.”

Occorre far chiarezza sull’interpretazione della pronuncia: la Cassazione non sostiene che l’assunzione volontaria di sostanze alcoliche o stupefacenti da parte della vittima sia attenuante, piuttosto specifica che non è aggravante poiché l’aggravante si configura nella sola ed unica ipotesi in cui sia stato lo stupratore ad indurre la vittima ad assumere alcol o droghe.

Archiviato in:Legge e Giurisprudenza Contrassegnato con: assunzione alcol, assunzione droghe, cassazione n.32462, stupro, ubriachezza, violenza sessuale

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