Sull’argomento si è da poco pronunciato il Giudice Tutelare del Tribunale di Mantova riconoscendo nel nostro ordinamento la piena e diretta efficacia del provvedimento di Kafala emesso dal Tribunale di Khenchela (Algeria) nei confronti di una minore straniera affidata ad una cittadina italiana, efficacia riconosciuta ai sensi degli artt. 65 e 66 della legge n. 218/1995. Si tratta infatti di un istituto previsto da fonti di diritto internazionale, in particolare dall’art. 20 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo nonché dagli artt. 3, lett. e) e 33 della Convenzione dell’Aja del 19 ottobre del 1996 e consistente in un atto di affidamento in virtù del quale un soggetto (“kafil”) si impegna a curare, educare, e mantenere un minore (“makfoul”), come se fosse proprio figlio e sino al raggiungimento della maggiore età. L’applicazione di tale misura non comporta la nascita di un legame parentale né il venir meno delvincolo di sangue del minore con la famiglia d’origine ma fa sorgere in capo al bambino beneficiario un diritto alle medesime prestazioni famigliari e scolastiche cui ha diritto un bambino legittimo. La Corte di Cassazione si è più volte pronunciata in merito statuendo che sia la Kafala pubblicistica sia quella negoziale costituiscono presupposto giuridico del diritto al ricongiungimento familiare, ai sensi della normativa in materia di libera circolazione dei cittadini europei e dei loro familiari (Cass. Civ. SS.UU. n. 21108/13, Cass. Civ. n. 1843/15) includendo anche il minore affidato in base a questo istituto fra i familiari aventi diritto all’ingresso e al soggiorno nel territorio nazionale. La misura della Kafala è, quindi, assimilabile al nostro istituto dell’affido e proprio sulla base di questa analogia il giudice tutelare del Tribunale di Mantova, chiamato a pronunciarsi sul caso di cui sopra, dichiara non luogo a provvedere in ordine all’apertura della tutela ed alla nomina di tutore in favore della minore , essendo già attribuita all’affidataria la “tutela legale” e quindi la rappresentanza legale della stessa, in forza dell’ “Atto di affidamento” emesso dal tribunale Algerino e avente, dunque, piena e diretta efficacia in Italia.
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