Breve indagine sulla normativa italiana e motivazioni sentenza CEDU.
La pronuncia della Corte EDU incalza anche lo Stato Italiano, come ogni altro Stato Membro, ad adottare nel minor tempo possibile tutte le misure necessarie per riunire parenti e minori, e quindi di giungere presto al traguardo di riconoscere in maniera effettiva in capo ai nonni il “diritto di visita” dei nipoti minori.
Diritto di visita peraltro già riconosciuto negli ordinamenti di alcuni stati membri quali la Francia (art. 371-4 code civil), la Spagna (art. 160, 2°co. c.c.) e la Germania (1685 BGB).
In Italia, la riflessione sulla relazione tra nonni e nipoti si è sviluppata nel corso degli anni in ragione dei molteplici mutamenti socioculturali, economici e del ruolo assunto da essi nell’educazione dei minori.
Il legislatore Italiano è intervenuto, innanzitutto, con legge n.184/1983 stabilendo la necessità di garantire ai fanciulli la conservazione delle relazioni familiari e della possibilità di poter crescere nella propria famiglia. In seguito, con la riforma del testo dell’art. 155, 1°co. c.c. avvenuta con l. n.54/2006, ha riconosciuto un vero e proprio diritto per il minore a conservare “rapporti significativi” con gli ascendenti, indipendentemente dalla crisi coniugale tra i genitori, diritto che però sino alla riforma del 2012 non è mai stato confuso con quello speculare dei nonni a intrattenere rapporti con i nipoti. Prima della riforma sulla filiazione, l’ordinamento difettava perciò di un vero e proprio “diritto di visita” degli ascendenti, pur riconoscendo loro un importante ruolo nelle relazioni familiari, tutt’altro che marginale. Era sancito infatti il dovere degli stessi al sostentamento dei nipoti qualora i genitori fossero privi dei mezzi necessari, la facoltà per i nonni in via privilegiata di ricorrere al tribunale per l’adozione di misure idonee per tutelare i nipoti e quindi di essere preferiti nella scelta di un eventuale tutore e specifiche disposizioni erano loro riservate in ambito successorio e in tema di disconoscimento della paternità. A considerazione di ciò, la dottrina valorizzava il loro desiderio di far visita ai nipoti, riconoscendo in esso un valore primario da proteggere e quindi auspicandone un effettiva qualificazione giuridica.
Sul punto, in assenza di uno specifico riferimento normativo, si contrapponevano, e si contrappongono, due orientamenti. Il primo qualificava tale desiderio come “interesse legittimo” da salvaguardare solo nell’ipotesi in cui coincidesse con l’interesse del minore. Il secondo lo riconosceve, invece, come un vero e proprio diritto soggettivo perfetto, ma con un limite, ossia l’interesse primario del minore ad intrattenere rapporti con gli avi, interesse che fungeva, per un verso, da presupposto per la tutela dei nonni, e, per l’altro, da limite invalicabile, appunto, alla loro stessa pretesa. La giurisprudenza rigettava la possibilità di configurare un vero e proprio diritto autonomo in capo ai nonni, preoccupandosi di tutelare i vincoli di parentela in un ottica di interesse morale ed affettivo, ma solo se finalizzati al precipuo interesse del minore a una crescita sana e equilibrata, non facendone, però, in alcun modo corrispondere un diritto per gli avi di intervenire nei giudizi di separazione e divorzio, poiché procedimenti coinvolgenti diritti “personalissimi” dei genitori, anche qualora in essi vi fosse in gioco il diritto del minore.
Nel 2012 viene redatta la L. 219/2012, che ha apportato significative modifiche alla materia di filiazione,invero, senza completare il processo di riforma, delegando al Governo, all’art.2, di ultimare le modifiche che sono state quindi perfezionate con d.lgs.154/2013. Con il nuovo impianto normativo il legislatore si è dimostrato consapevole del “mosaico” delle nuove realtà familiari riconoscendo la varietà di situazioni che possono caratterizzare i legami tra genitori, nonché abbandonando il concetto di “famiglia nucleare”, e dunque valorizzando quei legami familiari che precedentemente non assumevano rilievo giuridico. Il nuovo art. 315 bis, 2°co., si ricollega a quanto stabilito nell’art. 74 c.c., il quale introduce la configurabilità di rapporti di parentela tra il figlio naturale e la famiglia del genitore slegando il riconoscimento della parentela dal vincolo del matrimonio. Prima, il figlio naturale non aveva né nonni, né zii. Invece, con la nuova formulazione dell’art. 74 c.c. è consentita l’instaurazione di vincoli giuridici per le persone discendenti da un medesimo stipite senza che rilevi il carattere legittimo o naturale di filiazione. Ancora, in dottrina è stato ritenuto che l’art. 315 bis c.c., ricorrendo esplicitamente alle espressioni “famiglia” e “parenti”, intenda da un lato rimarcare come il nucleo familiare nell’ambito del quale il figlio ha diritto di crescere sia non più unicamente quello fondato sul matrimonio, bensì quello maggiormente esteso come da art. 74c.c., dall’altro, che il diritto a mantenere rapporti significativi possa essere vantato dal figlio anche nei confronti di soggetti, in precedenza esclusi, perché parenti naturali, come i nonni.
Inoltre, l’art. 317 bis c.c. attribuisce la legittimazione ad agire agli ascendenti al fine di tutelare il loro diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni. Occorre evidenziare che la questione circa l’attribuzione in capo agli avi da parte del legislatore di un vero e proprio autonomo diritto di visita è, nonostante la nuova formulazione dell’art. 317 bis. c.c., ancora molto dibattuta. Maggioritaria è la tesi, sia dottrinale che giurisprudenziale, per cui tra i diritti, o come ritenuti da alcuni tra “gli interessi”, di nonni e nipoti non vi è un rapporto biunivoco: il diritto, riconosciuto ai minori, di coltivare rapporti con gli ascendenti non attribuisce agli stessi un autonomo diritto di visita, ma affida al giudice un elemento ulteriore di indagine e di valutazione nella scelta e nell’articolazione del proprio provvedimento, al fine di tutelare il diritto al minore di conservare i rapporti con le figure parentali per lui significative (Cass. Civ., Sez. I, 21/4/18, n. 8100; Decreto 7/11/16 Trib. Venezia).
Sempre con riferimento all’art. 317 bis, c.c., molti sono stati i dubbi sollevati circa la legittimazione in capo agli ascendenti del loro intervento nei giudizi di separazione e divorzio, con riguardo alle condizioni di incontro con i minori. L’intervento è stato ripetutamente negato nell’ottica della domanda principale sullo STATUS, in ragione della natura personalissima dell’azione, e in ragione della quale, viene negato l’intervento di terzi nel processo. Parte della dottrina sostiene che gli avi potrebbero essere legittimati ad un intervento ad adiuvandum, che consenta loro di sostenere le ragioni del genitore che tutela il diritto del minore a mantenere una relazione con i nonni. La Cassazione, sino alla riforma, si è sempre espressa in disaccordo negando l’intervento diretto dei nonni nel processo.
Ancora, l’art. 317 bis in combinato disposto con l’art. 38 disp. att. cod. civ., permetterebbe ai nonni di adire, nel caso di violazione del loro diritto a mantenere rapporti significativi con i nipoti, il Tribunale dei minorenni. Analizzando la norma all’interno del sistema questa non si dimostra del tutto in sintonia con la riorganizzazione dei procedimenti minorili, poiché sarebbe stato preferibile attribuire tali procedimenti al Tribunale Ordinario a cui, proprio a seguito della riforma, sono stati attribuiti tutti i procedimenti nei quali si discute della frequentazione e del regime di visita del minore. Si corre così il rischio di coinvolgere il minore in due diversi procedimenti dinnanzi a autorità organizzate in modo differente e che potrebbero addirittura addivenire a soluzioni configgenti.
Ciò premesso, si evince un quadro normativo della relazione nonni-nipoti per nulla chiaro. Alla complessità del nostro impianto normativo corrisponde, al contrario, la chiarezza e la semplicità della pronuncia della Corte Europea per la quale “il diritto di visita [dei nonni] è considerato come una priorità” e che le direttive dell’Unione “non limitano il numero di persone possibili titolari della responsabilità genitoriale o di un diritto di visita” che non deve essere garantito solo ai genitori, ma anche ad “altre persone con le quali è importante che tale minore intrattenga relazioni personali, segnatamente i suoi nonni”.
La Corte recepisce e approva l’iter argomentativo incalzato dall’Avvocato Generale presso la Corte di Giustizia dell’Unione europea, Maciej Szpunar (causa C-338/17 Neli Valcheva c. Georgios Babanarakis) che ripercorre un’analisi testuale, storica e teleologica del regolamento n°2201/03 al fine di chiarire se esso concerna non solo il diritto di visita dei genitori ma anche degli altri membri della famiglia, anche allargata, e quindi dei nonni.
Partendo dal dato testuale, l’avvocato pone in evidenza come l’art. 2, punti 7, 8 e 10 del citato regolamento, utilizzino espressioni volontariamente generiche , quali “i diritti e i doveri”, “qualsiasi persona, che testimoniano “ la volontà del legislatore dell’Unione di optare per una definizione ampia del diritto di cui trattasi” con la conseguenza di poter ritenere che “il regolamento n. 2201/2003 includa anche un diritto di visita distinto da quello concesso dal diritto nazionale a uno dei due genitori (la madre, nel caso di specie) e se, di conseguenza, l’esercizio di tale diritto possa essere richiesto anche da terzi, come i nonni”; utilizzando l’interpretazione teleologica delle disposizioni, l’A.G. sostiene come, nonostante la pacifica l’assenza di disposizioni specifiche relative al diritto di visita di un nonno, non sussista nel regolamento alcuna lacuna normativa in quanto “dagli obiettivi del regolamento n. 2201/2003 emerge chiaramente che nulla giustifica l’esclusione del diritto di visita dall’ambito di applicazione di tale regolamento qualora il richiedente il diritto di visita sia una persona diversa dai genitori, avente legami familiari di diritto o di fatto con il minore, come nel caso di specie”; l’avvocato conferma la sua posizione proseguendo poi ad un’interpretazione storica delle disposizioni del regolamento, leggendole alla luce dei lavori preparatori, nonché esaminandole con una lettura congiunta delle stesse con gli altri strumenti internazionali concernenti le relazioni personali con i minori, quali la Convenzione dell’Aja del 199.
In conclusione, L’A.G. ritiene che nulla osti a ricomprendere nella nozione di diritto di visita, di cui al regolamento 2201/2003/CE “persone diverse dai genitori ma aventi legami familiari di diritto o di fatto con il minore (in particolare, sorelle o fratelli, oppure l’ex coniuge o l’ex partner di un genitore). Infatti, tenuto conto delle costanti trasformazioni della nostra società e dell’esistenza di nuove forme di strutture familiari, le possibilità, riguardo alle persone interessate dall’esercizio del diritto di visita ai sensi del regolamento n. 2201/2003, potrebbero essere numerose. Il caso dell’ex partner del genitore titolare della responsabilità genitoriale e, conseguentemente, dei genitori di detto ex partner – considerati dal minore come nonni – o, ancora, il caso di una zia o di uno zio incaricati, nell’assenza temporanea di uno o di entrambi i genitori, di occuparsi del minore sono soltanto alcune illustrazioni con le quali la Corte potrebbe eventualmente confrontarsi nel contesto dell’interpretazione del regolamento in parola”.
Infine, La Corte è stata chiara nell’affermare che “al fine di evitare l’adozione di misure configgenti da parte dei giudici differenti e nell’interesse superiore del minore, uno stesso giudice deve statuire sui diritti di visita, in linea di principio quello della residenza abituale del minore”.
La sentenza europea ( in linea con le precedenti soluzioni date dalla stessa corte al caso Manuello e Nevi c.Italia) senza dubbio rappresenta un passo in avanti verso la tutela del diritto di visita degli ascendenti e/o discendenti nonché dei membri delle sempre più frequenti famiglie allargate.
Lascia un commento