Il diritto dell’adottato a conoscere le proprie origini prevale su quello della madre a mantenere l’anonimato?
Secondo costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, è necessario operare un bilanciamento tra diritti. Ed in particolare: tra il diritto all’anonimato della madre, in caso di parto anonimo, ed il diritto di conoscere le proprie origini da parte dell’adottato.
Nel nostro ordinamento, infatti, pur essendo tutelato il parto anonimo, la scelta del segreto sull’identità della madre è ormai divenuta una scelta reversibile. Su richiesta del figlio, pertanto, la genitrice può revocare la dichiarazione di anonimato fatta a suo tempo.
Tuttavia, il diritto di accesso alle origini non va confuso con la domanda di accesso alle informazioni sanitarie. Anche quest’ultima consentita e disciplinata dall’ordinamento italiano. Ed è proprio su tale aspetto che si è pronunciata, con ordinanza del 9 agosto 2021 n. 22497, la Corte di Cassazione.
Il caso
Una donna ormai adulta, adottata da bambina, agiva in giudizio esercitando il suo diritto di avere accesso alle proprie origini. Tale diritto è disciplinato dalla legge n.184/1983.
Ed in particolare, la ricorrente chiedeva di conoscere l’identità della madre biologica. La donna chiedeva, inoltre, di conoscere i dati sanitari della predetta. A tal fine si rendeva necessario interpellare la donna per verificare la volontà della madre di rimanere anonima.
Il Tribunale adito respingeva con decreto la richiesta. Anche l’appello avverso tale decisione veniva rigettato. Nel corso di entrambi i giudizi di merito emergeva, infatti, come la madre biologica, ormai novantenne, si trovasse in uno stato di deficit fisico e psichico. Tale condizione la rendeva al 100% invalida e, quindi, non in grado di esprimere il consenso a rivelare la propria identità.
La figlia, pertanto, proponeva ricorso in Cassazione al fine di contestare il rigetto delle proprie pretese.
La decisione della Suprema Corte
La Corte di Cassazione si sofferma sulla necessità di operare un adeguato bilanciamento tra contrapposti interessi in conflitto: il diritto dell’adottato di accedere alle proprie origini ed il diritto all’anonimato esercitato dalla madre naturale.
Ebbene, gli Ermellini evidenziano che il diritto di accesso alle proprie origini debba essere esercitato in modo da non cagionare un turbamento all’equilibrio psicofisico dell’adottato. Ciò deve valere anche relativamente alla necessità di apprestare tutela alla figura della madre biologica.
Ed invero, gli Ermellini condividono la decisione dei Giudici di merito. Nel caso di specie, la condizione di acclarata vulnerabilità dell’anziana donna impedisce alla stessa di esprimere il consenso a rivelare la propria identità alla figlia.
L’accesso ai dati sanitari
Il ricorso della figlia viene, però, accolto dalla Corte di Cassazione limitatamente alla richiesta di accesso ai dati sanitari. La domanda relativa a tali informazioni, con particolare riferimento all’eventuale presenza di malattie ereditarie trasmissibili, è da considerarsi ulteriore e distinta. Infatti la finalità di tale accesso è esclusivamente la tutela della vita o della salute del figlio adottato o di un suo discendente.
La Suprema Corte, invero, precisa come non sia da considerarsi ammissibile un indistinto ed indiscriminato accesso ai dati sanitari. Deve piuttosto, garantirsi un diritto di accesso che si fondi su un quesito specifico. Ciò in ossequio alla tutela della riservatezza e della non identificabilità della madre biologica.
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