In caso di mobbing l’onere della prova grava sul lavoratore. Questi dunque deve provare di aver patito un danno, e che lo stesso sia collegato all’ambiente lavorativo (Cass. Sez. Lavoro n. 9664/2019, ordinanza).
Il dipendente di un CAF ha citato in giudizio la società per cui lavorava da lungo tempo. Riteneva infatti di essere stato bersaglio di mobbing dal 1996 al 2012, anno in cui era andato in pensione. Quindi ha chiesto il risarcimento dei danni patiti, patrimoniali e non patrimoniali.
I primi due gradi di giudizio, però, gli hanno dato torto. In particolare la Corte di Appello ha escluso che il mobbing si fosse realmente verificato. Infatti dal giudizio non era emersa prova di una protratta e sistematica emarginazione dell’impiegato, mossa da intento persecutorio. Nè quella di un demansionamento.
L’uomo quindi è ricorso in Cassazione, chiedendo che la sentenza d’appello venisse annullata. A suo dire, infatti, la Corte di merito
aveva erroneamente ricostruito le deposizioni di alcuni testimoni. E aveva anche applicato in maniera non corretta le norme relative all’onere della prova.
Ma la Cassazione ha chiarito come, in effetti, nel giudizio d’appello, le dichiarazioni dei testimoni avessero avuto una rilevanza marginale. La decisione scaturiva invece dall’esame di altri elementi, da cui non era emersa alcuna forma di persecuzione o vessazione.
Sull’errata applicazione delle norme sull’onere della prova, invece, gli Ermellini hanno fatto richiamo a precedenti pronunce. In particolare la Cassazione ha chiarito che il mobbing si configura in presenza di ripetute condotte da parte del datore di lavoro, connotate da intento persecutorio. E che è il lavoratore a dover provare il danno causato da queste condotte, così come il nesso tra il danno e l’ambiente lavorativo ( Cass. 06/08/2014 n. 17698 21/05/2018 n. 12437) .
E in questo caso, a detta della Suprema Corte, mancava proprio la prova delle condotte “stressogene” del datore di lavoro, così come quelle del demansionamento.
Quindi la Cassazione ha rigettato il ricorso del dipendente. Niente risarcimento per lui, che anzi ora deve pagare anche le spese di giudizio.