Il diritto di cronaca è invocabile solo con riferimento a notizie relative a personaggi famosi o che ricoprono cariche pubbliche. Anche se il fatto raccontato investe la loro sfera privata. Ma se la notizia riguarda persone non famose, e ha contenuto lesivo, si configura reato di diffamazione. (Cass. Civ. Sent. 341/2019)
Una donna ha intrattenuto una relazione con un dipendente pubblico del suo paese. Il posto è piccolo, la gente mormora… Un giornale locale ha appreso la “notizia” e vi ha scritto su numerosi articoli. Non sono mancati i dettagli piccanti sulle capacità amatorie dell’uomo, chiamato “il cantoniere”! La storia era ormai sulla bocca di tutti, arrivando anche ai paesi limitrofi.
Allora i diretti interessati hanno citato in giudizio il direttore del giornale locale e il giornalista che aveva scritto gli articoli. Il Tribunale e la Corte d’Appello hanno condannato il responsabile del settimanale per diffamazione a mezzo stampa. Questi infatti, non avrebbe esercitato il giusto controllo sugli articoli infamanti (art 57 c.p.) e quindi non ne avrebbe impedito la pubblicazione.
Il direttore ha fatto dunque ricorso in Cassazione. Sosteneva infatti che la lesione della reputazione non dipendesse certo dalla pubblicazione degli articoli. In paese, infatti, tutti sapevano. E comunque – insisteva il direttore – erano stati rispettati tutti i criteri per garantire l’anonimato dei soggetti coinvolti. Pertanto, gli stessi non erano identificabili dai lettori dei paesi vicini.
Ma la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile.
E ha ribadito un principio consolidato. Il diritto di cronaca è invocabile solo quando la notizia, divulgata a mezzo stampa, riguardi personaggi famosi o che ricoprono cariche pubbliche.
Nel caso in oggetto, però, le persone coinvolte, erano prive di notorietà! Né tantomeno si poteva asserire che la conoscenza, da parte dei compaesani, della vicenda, rendesse gli articoli non lesivi della reputazione. Anzi! La pubblicazione, dunque, non poteva trovare giustificazione nel diritto di cronaca.
La Cassazione ha anche ricordato che il delitto di diffamazione si configura – tra l’altro – quando si utilizzano parole od espressioni interpretabili come offensive.
E la divulgazione, per mezzo di articoli di giornale, di una relazione extraconiugale, è di certo offensiva! Si lede la reputazione, la considerazione sociale, la dignità personale! Secondo il sentire comune, infatti, l’infedeltà è qualcosa di contrario ai canoni etici.
Per questi motivi, il direttore del giornale, non ha potuto esimersi dalla condanna.
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