L’Avv. Antonella Arcoleo, alla luce della pluriennale esperienza maturata nel settore del diritto di famiglia e, più specificatamente, nell’ambito dei giudizi di separazione tra coniugi e di divorzio, ha da tempo offerto ai propri clienti, laddove ce ne siano i presupposti, un percorso di mediazione tra i coniugi in fase di separazione o di divorzio, al fine di giungere al risultato di quello che la più recente e innovativa pratica forense definisce con il termine “separazione o divorzio collaborativo”.
Si tratta di un modus operandi già da qualche anno sperimentato nell’ambito della pratica forense internazionale (principalmente negli Stati Uniti e nell’Europa nord-occidentale) che consiste nel cercare di raggiungere il miglior risultato possibile per i coniugi in fase di separazione, mantenendo un atteggiamento reciprocamente rispettoso e “amichevole”, evitando così di scatenare sanguinose battaglie sull’affidamento dei figli, sulla determinazione dell’assegno di mantenimento, sull’assegnazione della casa coniugale, su tutta una serie cioè di questioni che portano inevitabilmente a vivere tragicamente le fasi della separazione e del divorzio in termini di devastazione emotiva e di fallimento personale.
La separazione (o divorzio) collaborativo, indice di grande civiltà giuridica, rappresenta quindi, laddove raggiungibile, un traguardo importante per i coniugi separandi, in quanto sono loro stessi a decidere con civiltà i termini della separazione senza delegare a terzi soggetti – comunque estranei – gli aspetti principali della nuova vita affettiva e economica che essi andranno ad intraprendere con la separazione.
Con la separazione (o divorzio) collaborativo la pratica forense effettua un passo in avanti ulteriore rispetto alla separazione consensuale: i coniugi non delegano agli avvocati il procedimento rimanendo nelle retrovie, come succede nella separazione consensuale, ma si fanno loro stessi protagonisti, assistiti dai legali ma anche da psicologi, commercialisti e notai.
In tal modo, seduti attorno a un tavolo extragiudiziale, si cerca di trovare la migliore soluzione senza chiedere l’intervento del giudice.
E’ evidente che per scegliere questo percorso i coniugi devono essere persone responsabili, che hanno intenzione di scindere i propri sentimenti di rivalsa e di mettere da parte i rancori per raggiungere il bene comune.
Per tali ragioni la prassi è quella di intraprendere il percorso con un accordo di partecipazione in cui ci si impegna all’onestà, alla trasparenza e alla riservatezza.
E’ pur vero che la collaborazione tra i coniugi in fase di separazione può svilupparsi anche durante una separazione consensuale, che resta la via scelta dalla maggior parte degli italiani, ma è altrettanto vero che una separazione consensuale fatta in modo sbrigativo o magari dietro il timore di ritorsioni sull’affidamento dei figli può portare in futuro a ripensamenti che minano il rapporto tra gli ex coniugi e spesso si riflettono negativamente sui rapporti con i figli, frequentemente utilizzati come principale strumento di ritorsione verso l’altro coniuge. Un altro problema assai frequente, per esempio, è legato alla assegnazione della casa familiare. In genere, secondo la giurisprudenza, la casa segue i figli e siccome i figli tendenzialmente rimangono con la madre, la casa va automaticamente a lei. Nella pratica collaborativa invece la legge non è l’unico parametro di riferimento e si cerca con una qualche creatività ed un pizzico di coinvolgimento personale di soddisfare gli interessi di entrambi i coniugi con la tecnica del problem solving.